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Il nuovo dialogo euromediterraneo

L'Unione per il Mediterraneo

Riparte da Roma il dialogo euromediterraneo. Alla luce delle rivolte in Nord Africa e delle nuove prospettive che la politica di prossimità dell’Europa creerà per l’area mediterranea, si sono incontrati “per un brainstorming” 13 Paesi del Nord e del Sud del Mediterraneo. E’ stato riunito il vertice 5+5 e anche il Foromed, con un impegno per il rilancio delle istituzioni democratiche. Il vertice 5+5 avrà cadenza annuale e saranno previsti incontri tra Capi di Stato e di Governo dell’area. Sullo sfondo il grande affresco dell’Unione per il Mediterraneo, al momento un impegno ancora virtuale che affonda le sue origini nel vertice di Barcellona del 1995. Rilanciato nel 2008 dal Presidente Sarkozy, molti studi confermano la carenza di implementazione del progetto, nonostante gli ottimi propositi politici, diplomatici ed economici che questa iniziativa si pone, dal disinquinamento del mediterraneo alla creazione di una banca come di un’università mediterranea.

Come ha sottolineato il Sole 24 Ore, nei confronti dell’Unione prevalgono ancora alcuni pregiudizi dei Paesi del Nord riguardo a quella che potrebbe assumere i tratti di una delle più importanti innovazioni geopolitiche regionali degli ultimi 20 anni. Sono note a tutti le grandi potenzialità di questa iniziativa nel dialogo infrarea riguardo gli idrocarburi e il loro relativo trasporto, nel tessile come nell’agroalimentare. La somiglianza poi del tessuto sociale con quello dei Paesi della sponda Nord del Mediterraneo (Italia, Francia, Spagna, Grecia) renderebbe molto adatto l’insediamento della realtà legata alle PMI europee, che potrebbero specializzarsi geograficamente in accordo con le nuove teorie del commercio. Per i nostri dirimpettai invece si aprirebbero definitivamente le porte principali dell’Europa, quelle del business e del lobbying rappresentato ufficialmente, un importante passo avanti sulla direttrice Sud-Nord, che potrebbe perfino portare a ripensare gli standard sulla politica comune riguardo all’immigrazione che purtroppo ancora latita per le forti divergenze interne all’UE.

Molte resistenze si sono avute riguardo all’implementazione di quelle che i teorici chiamano le non tariff barriers, le barriere non tariffarie, come ostacolo al commercio. Nell’area MED permane una elevata diversità di standard sanitari e fitosanitari nonchè la carenza di un’omogenità relativa a settori cruciali come la proprietà intellettuale che, pur in ambito TRIPS, aumenta la difficoltà nel riconoscersi come partners commerciali. Attualmente abbiamo inoltre le molte difficoltà legate all’instabilità geopolitica dell’area, dovuta ai recenti movimenti. Rimane la questione della Siria, che scuote il mondo arabo tutto, come la transizione politica, su cui ancora non è arrivata la definitiva mediazione dei grandi alleati dei singoli Paesi, come America, Cina, Russia. Venerdì ci sarà un vertice a Tunisi intitolato “amici della Siria”, in cui è prevista la partecipazione russa e cinese, cosa che lascia ben sperare.

Ci auguriamo quindi che le crisi regionali possano risolversi presto, che l’institution building faccia il suo corso nel rispetto di una rinnovata domanda di ascolto delle categorie sociali e che l’UE capisca quanto i nosti dirimpettai saranno nel medio periodo un’occasione importante per la reciproca crescita delle  economie reali.


Le politiche per i migranti a Rosarno:l’analisi di Antonio Sanguinetti

Solo pochi mesi fa i media facevano luce sulla situazione drammatica dei migranti nella cittadina di Rosarno, una situazione che ha acquisito i caratteri di una vera e propria emergenza umanitaria. L’interessante lavoro di Antonio Sanguinetti analizza il caso Rosarno da un angolo visuale singolare, quello degli attori sociale coinvolti, ed in un arco di tempo precedente ai famosi fatti rimbalzati sui media.

Ecco le parole dell’autore: ” Da anni ingenti flussi migratori sono diretti nella Piana di Gioia Tauro, per la quasi totalità attratti dalle raccolte stagionali di agrumi, arance e mandarini. Sebbene siamo a conoscenza della genesi e dell’intensità del fenomeno, non conosciamo approfonditamente quali siano stati, in questo lungo periodo, le decisioni prese per rendere dignitose le condizioni di vita e di lavoro.

L’ipotesi è che l’insufficienza di tali politiche sia stata una delle cause della rivolta; l’inadeguatezza delle strategie di accoglienza non ha fatto altro che incanalare la situazione verso una pericolosa deriva di contrapposizione etnica.

Per spiegare questo punto di vista ho preso in analisi, nell’arco di tempo compreso tra le due rivolte (dicembre 2008, gennaio 2010), il comportamento dei vari attori a cui spetta la competenza in materia: le istituzioni, le associazioni, i sindacati. Ovviamente non poteva essere omessa l’azione dei diretti interessati: i migranti.”

L’intero lavoro è consultabile nell’area dossier del nostro sito www.dte.uniroma1.it/osservatorio/

Allargamento: avanti con riserva

La seduta plenaria del Parlamento europeo, conclusasi l’11 febbraio scorso, ha affrontato, tra le varie tematiche, anche il nodo allargamento, discutendo (e poi votando) le risoluzioni sul processo di adesione di Croazia, ex Repubblica di Macedonia e Turchia.

Con 582 voti favorevoli, 24 contrari e 37 astenuti, il PE ha approvato una risoluzione che valuta positivamente gli sforzi croati per rispettare i criteri di adesione, delineando la fine del 2010 come un possibile termine per l’ingresso del paese nell’Unione Europea. Oltre a sottolineare l’importanza dell’ingresso della Croazia per la stabilizzazione dell’intera area balcanica, la risoluzione ha mostrato un’attenzione particolare alla risoluzione delle controversie legate alla restituzione delle proprietà confiscate durante la Seconda guerra mondiale e sotto il regime comunista, incoraggiando il governo croato a proseguire gli sforzi per una soluzione pacifica della questione.

La risoluzione riguardo la ex Repubblica iugoslava di Macedonia, invece, invita il Consiglio europeo, previsto a marzo, a confermare l’iniziativa della Commissione per l’avvio dei negoziati di adesione «nel prossimo futuro». Il Parlamento, tra l’altro, incoraggia l’ex Repubblica di Macedonia e la Grecia a trovare una soluzione alla disputa sul nome e saluta positivamente l’apertura del nuovo governo greco, attraverso l’iniziativa di proporre il traguardo del 2014 «quale data-obiettivo simbolica e avente valore d’incitamento, per l’adesione dei paesi dei Balcani occidentali all’UE».

Più complicato, invece – come del resto era prevedibile – il discorso relativo alla Turchia. Qui il Parlamento rileva come progressi su concrete riforme siano rimasti piuttosto limitati nel corso del 2009. Esprime anche seria preoccupazione per alcune misure (scioglimento del Partito della società democratica da parte della Corte Costituzionale turca, abrogazione della normativa che limita la giurisdizione dei tribunali militari) e per la mancata attuazione «per il quarto anno consecutivo» delle disposizioni contenute nell’accordo di associazione CE-Turchia. La risoluzione approvata dal PE invita la Turchia a proseguire l’impegno assunto nella pacificazione di Cipro, apprezza i progressi riguardo la questione curda e gli sforzi diplomatici nelle relazioni con la confinante Armenia. Infine esprime soddisfazione riguardo all’accordo intergovernativo sul gasdotto Nabucco «la cui applicazione rimane una delle massime priorità dell’Unione europea in materia di sicurezza energetica».

In pratica, mentre per Croazia e Macedonia il processo di allargamento sembra aver avuto da parte del Parlamento una sorta di via libera, per la Turchia siamo all’ennesimo “nulla di fatto”, che continua a nutrire le preoccupazioni degli analisti e dell’intera comunità internazionale.